LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da S.S. Max Eric di Donati e Lavagno con ricorso depositato in data 28 settembre 1999 presso questa segreteria avverso accertamento del comune di Biella. Premesso in fatto che con precedente ordinanza emessa nel corso di un giudizio promosso dal ricorrente per l'annullamento di un avviso di accertamento, con il quale si era provveduto alla rettifica in aumento del valore di un immobile, dichiarato ai fini ICI, questa commissione sollevava, in riferimento agli artt. 24 e 53 della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 comma 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 laddove non consente al contribuente, a differenza di quanto stabilito dal testo unico n. 131 del 1986 (Registro), dal d.lgs. n. 346 del 1990 (successioni e donazioni) del d.P.R. n. 643 del 1972 e successive modifiche (INVIM), di dichiarare un valore inferiore a quello risultante dal calcolo aritmetico. Codesta Corte costituzionale, con ordinanza 15 dicembre 2000, depositata in cancelleria il 4 gennaio 2001, considerato che, successivamente all'ordinanza di rimessione, il legislatore, con l'art. 74 della legge 21 novembre 2000 n. 342 (Misure in materia fiscale) aveva previsto che, avverso gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali resi definitivi per mancata impugnazione (comma 2 del citato art. 74) il contribuente poteva proporre, entro il termine di 60 giorni dalla entrata in vigore della stessa legge, ricorso al giudice tributario, disponeva la restituzione degli atti a questa commissione tributaria, affinche', alla luce dello jus supervenies valutasse la persistente rilevanza della sollevata questione. Osserva in diritto La questione di legittimita' costituzionale gia' solleva, e che si ripropone, non e' stata certamente risolta dalla riapertura dei termini per ricorrere prevista dall'art. 74 comma 2 della legge 347/2000. Premesso al riguardo, che la riapatura dei termini previsto dell'articolo di cui sopra (impropriamente denominato "proroga" in quanto riferito ad atti ormai divenuti definitivi) appare, a sua volta, illegittimo in relazione agli artt. 3, 53 e 74 della Costituzione, si osserva, al riguardo, che il nuovo termine decorrente dalla entrata in vigore della legge 342/2000 non presuppone la notifica degli atti attributivi o modificativi della rendita. In tal modo e' stata data rilevanza alla affissione all'Albo comunale: forma di pubblicita' che lo stesso art. 74 ritiene insufficiente e illegittimo, tanto e' vero che dispone la notifica personale sia degli atti attributivi o modificativi delle rendite successivamente al 1999 (comma 1) sia di quelle anteriori al 2000 ma non ancora recepiti in atti impositivi. A questo punto si ritornerebbe alla situazione precedente poiche' il comma 2 non richiede la notifica degli atti impositivi suddetti a differenza del comma 3 che attribuisce a tale notifica anche l'effetto di comunicazione delle nuove rendite e la decorrenza dalla notifica il termine per l'impugnazione. Ne consegue che la differenza di trattamento previsto tra i casi di cui al comma 2 e quelli di cui al comma 3 dipende esclusivamente da un atto casuale che non puo' essere idoneo a fornire una razionale giustificazione con conseguente violazione anche dell'art. 3 della Costituzione. Ma quand'anche non sussistesse la sopra accennata incostituzionalita' dell'art. 74 della legge 342/2000, la possibilita' di ricorrere non potrebbe in alcun modo influire sulla questione sollevata con la precedente ordinanza con la quale si e' contestata la illegittimita' costituzionale del comma 2 dell'art. 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, con cotroversia, questa, che soltanto codesta Corte puo' risolvere trattandosi di atto avente forza di legge. Tale norma prevede che "per i fabbricati iscritti al catasto, il valore costituente base imponibile dell'ICI si determina in modo automatico applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al primo gennaio dell'anno di imposizione, i moltiplicatori deteminati con i criteri e le modalita' previste dal primo periodo dell'ultimo comma dell'art. 57 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato con d.P.R. 26 gennaio 1986 n. 131. La norma suddetta non prevede deroghe a differenza della legge di registro, del d.lgs. n. 346/1990 (successioni e donazioni) del d.P.R. n. 643/1972 e successive modifiche (INVIM) che consentono invece di dichiarare un valore inferiore a quello risultante dal calcolo aritmetico. Non si tengono cosi' in alcun conto le situazioni che, con riferimento alle singole unita' immobiliari, si possono verificare, impedendo allo stesso comune, destinatario dell'imposta, di discostarsi dal rigido criterio di valutazione di cui sopra. Con cio' vengono violati gli artt. 24 e 53 della Costituzione non essendo consentito al contribuente di potersi difendere dimostrando l'effettivo valore dell'immobile e, d'altra parte l'applicazione dell'imposta su un valore determinato in base a criteri astratti viola il precetto costituzionale della imposizione secondo la capacita' contributiva. Ne' si puo' invocare una esigenza di semplificazione del procedimento impositivo in quanto questa non puo' spingersi fino al punto di ledere diritti costituzionalmente garantiti. Neppure puo' essere ritenuta la legittimita' della norma sulla base della previsione contenuta nell'ultima parte del comma 2 dell'art. 5 ove si prevede che il Ministero delle finanze possa rivalutare le rendite catastali, ai fini I.C.I. periodicamente in base a parametri che tengono conto dell'effettivo andamento del mercato. Basta, infatti considerare che la prevista rivalutazione non puo' che seguire l'andamento del mercato nel periodo d'imposta, mentre la rendita da assumere a fondamento della determinazione dell'imponibile e' quella vigente al primo gennaio dell'anno di imposizione. Inoltre e' prevista soltanto la "rivalutazione" e non la revisione, eventualmente in senso riduttivo, in presenza di andamento del mercato non solo in ascesa ma anche in discesa, e di altre circostanze che possano incidere sul valore del singolo immobile. Nella fattispecie la violazione del precetto costituzionale risulta lampante ove si consideri che l'immobile di cui si discute era stato valutato da una perizia a di parte in L. 670.000.000, ai fini INVIM straordinaria nel dicembre 1991 e che tale valore era stato ritenuto congruo dall'ufficio del Registro di Biella: circostanze provate documentalmente dalla ricorrente e non contestate dal comune. La denunciata rigidita' della norma impedisce di accertare l'effettivo valore dell'immobile, all'inizio del periodo di imposizione di cui trattasi, del valore determinato dal comune, a norma dell'art. 5 comma 2 del d.lgs. 504/1992 in L. 850.000.000. Da quando sopra esposto appare quindi di tutta evidenza la rilevanza costituzionale della questione di legittimita' costituzionale avendo la parte fatto esplicito riferimento, nel suo ricorso, ai fini I.C.I., al valore ritenuto congruo, ai fini INVIM, dall'ufficio del registro di Biella;